Fai benchmarking.
Ovvero: guarda come e cosa fanno gli altri e segnati tutti gli esempi virtuosi.
Una delle prime cose da fare, per costruire un brand – che sia un brand azienda o un brand persona – è per l’appunto questa: benchmarking.
L’atto di osservarsi in comparazione agli altri è un potentissimo strumento di definizione e crescita del proprio sé (brand) e va fatto. Sempre!
Ma c’è un ma.
Oggi, in questo numero un po’ sopra le righe che arriva dopo settimane di mutismo, voglio parlarti proprio di questo ma – e di un po’ di cosucce sparse.
Steal like an artist. Partiamo da qui.
Di Steal like an artist, il libro di Austin Kleon che ho avuto la pessima idea di prestare alla persona sbagliata – la quale, per altro, non me lo ha mai reso (gngngn)–, ho appuntato delle frasi. Tipo questa.
Se dovessi renderti conto di essere la persona più talentuosa della stanza,
trovati un’altra stanza.
Austin Kleon, “Steal like an artist”
Per Kleon occorre sempre trovare dei punti di riferimento alti, altissimi, e usarli come rampe di lancio per avviare il nostro brand, personale o aziendale che sia.
Nello studiare i nostri “eroi”, dovremmo introiettare tutto quello che emanano e trovare il nostro stile, la nostra identità. La nostra unicità.
Ecco cosa significa “rubare come un artista”. Ed ecco messi i puntini sulla ü.
“Rubare come un artista” vuol dire iniziare a ricalcare, come si fa da piccoli con i disegni, fino ad acquisire piena autonomia e stile personale. E questo, lo ripeto per la terza volta, vale sia per i brand azienda che per i brand persona.
Se ci limitassimo a ricalcare; se ci limitassimo a prendere il posizionamento di qualcuno, aggiungere una bella tagline per darci un tono; se non ci mettessimo realmente del nostro, non staremmo “rubando come artisti”.
Saremmo rubando. Rubando e basta.
I copycat brand
La pratica del copiare, smaccatamente e in barba al mantra di Austin Kleon, si perpetra da anni nel mercato. In particolar modo nel settore food.
I copycat brands mirano ad ottenere il gradimento dei consumatori imitando l’aspetto di un brand leader già presente sul mercato.
Miceli & Pieters, “Looking more or less alike: Determinants of perceived visual similarity between copycat and leading brands”, Journal of Business Research, 2011.
Esistono due grandi tipologie di copycat brand:
il theme-based copycat, che rimanda solo in modo implicito al leader brand (il brand di riferimento);
il feature-based copycat, che invece riproduce esplicitamente gli attributi del leader brand.
Diverse ricerche hanno dimostrato che i consumatori, tra questi due tipi di copycat brand, tendono a preferire il theme-based (che comunque può rischiare a livello legale). I feature-based copycats potrebbero infatti ricalcare così tanto l’aspetto del prodotto leader da risultare sfacciati e finire con l’infastidire e allontanare il consumatore.
Quindi? Quindi occhio a non esagerare!
N.B.: Se vuoi approfondire il tema delle strategie imitative, leggi questa tesi di laurea – che ho usato come fonte per mettere ordine nel discorso sui copycat brand).
Il processo corretto
Copiare > Ispirarsi > Rimescolare > Rendere unico tutto ciò che viene da noi.
Questo dovrebbe essere il processo corretto.
Aggiungo una nota, che potrà sembrare banale ma è l’ingrediente che può far tutta la differenza: trovare un benchmark di un altro settore può permetterci di portare freschezza nel nostro.
Io, per esempio, quasi sempre mi muovo su due assi:
cerco ispirazione all’interno dello stesso settore;
cerco ispirazione in settori divergenti.
Alla fine stilo un elenco di “best practice” che voglio preservare; le lascio quindi decantare e ci torno con la consapevolezza di voler proporre qualcosa di nuovo e realmente diverso.
È un processo lungo? Sì.
È un processo complesso? Sì.
È un processo efficace? Sì!
È un processo che aiuta, ovviamente, anche a livello di posizionamento.
A mio avviso, l’esempio più emblematico di quanto ti ho appena detto è rappresentato dall’acqua Liquid Death il cui elemento distintivo è il packaging, una latta dal look metal e aggressive, unito alla brand personality irriverente e rock. Esplorando il settore beverage, ma uscendo da quello dell’acqua: solo così il founder ha potuto trovare il giusto insight (nb: ai concerti, o in discoteca, la bottiglietta d’acqua non è un accessorio cool), la giusta ispirazione, la scintilla per non essere un copycat ma un player unico nel suo genere. Unico, grazie a un posizionamento a prova di bomba (d’acqua).
Un brand con personalità non si pesca in fondo al mare e non cresce in cima agli alberi. Servono tempo, metodo, ispirazione e coraggio di lanciarsi.
E lo dico a tutti i copy-cat, in lettura qui, e non.
Ma adesso su, a nanna.
Un sorriso,
da me